Annibale

CARTAGINE

(testo liberamente tratto dal libro “Annibale” di Gianni Granzotto)

 

Il popolo di Cartagine non era un popolo guerriero; era tenuto lontano da una simile inclinazione dai luoghi dove viveva e dai suoi ideali.

Il mondo era quel che era, persino per proteggere la tranquillità bisogna sfoderare la spada; figurarsi quando si trattava di governare i traffici, difendere le rotte, espandere il raggio d’azione!

Cartagine aveva una flotta su misura per i suoi commerci, ben addestrata e signora dei mari. Con essa arrivò su tutta la costa africana che andava da Tangeri a Cirene, avanzò nella Spagna fino all’ Ebro; tappa dopo tappa si spostò da un’isola all’altra: le Baleari, la Sardegna, il lato orientale della Sicilia, Malta. Tutto era Cartaginese…

Un impero dentro al Mediterraneo. I luoghi dove sbarcava divennero stazioni per il commercio, oppure porti per la pesca. I confini erano fatti per i mercanti, non per i guerrieri; per difendersi crearono un esercito di mercenari, cioè di uomini pagati pe proteggere i territori fenici.

Lo storico Polibio era vicinissimo ad Annibale nel tempo, quasi contemporaneo a lui, nel senso che egli nacque quando ancora Annibale non era morto.

Livio invece nacque poche generazioni dopo, ma con l’appoggio di altri storici ricostruì la storia di Annibale.

 

Amilcare, generale, padre di Annibale, fu l’ unico condottiero cartaginese a non essersi mai piegato davanti ai Romani; sapeva che i Romani non erano invulnerabili e che si poteva fronteggiarli e vincerli, come egli più volte aveva fatto nella campagna di Sicilia.

Non erano invulnerabili, ma molto potenti, così com’erano potenti sia la flotta, sia l’esercito romani.

Amilcare venne sconfitto e da allora, nella testa e nel cuore di Annibale bambino non ci fu spazio che per la VENDETTA.

A 9 anni Annibale giurò odio contro Roma nello stesso momento in cui il padre lasciò Cartagine per l’esilio. Raccontano di questo giuramento Polibio, Livio, Cornelio Nepote, Floro.

IL PIANO DI VENDETTA di Annibale era basato su tre punti:

1 – il fattore più importante del predominio romano era stata la graduale conquista del dominio sui mari, quindi era necessario evitare battaglie navali;

2 – bisognava, invece, attaccare Roma per via terra e muovere rapidamente nell’impresa, per precedere qualunque tentativo o opportunità del nemico di controbattere;

3 – i popoli gallici della Pianura Padana (Celti) erano calati improvvisamente vero Roma, nella primavera del 225 a.C.. Queste moltitudini in tempesta varcarono le fragili frontiere settentrionali dell’Impero Romano, raccolsero per via il rinforzo di altre tribù liguri e delle città etrusche e s’ inoltrarono negli Appennini fino a 3 soli giorni di marcia da Roma. Poi però furono sconfitti dai Romani che avevano rinforzato le difese sulle terre tra Ancona e Rimini.

Furono sottomessi i Boi a Bologna, oltre il Po, Piacenza e Cremona.

Annibale pensava che forse questi popoli si sarebbero alleati con lui contro l’odiato nemico.

La forza di Roma consisteva, dunque, nella compattezza degli alleati, nell’esercito  (che poteva richiamare riserve, cioè cittadini tra i 17 e i 46 anni) e nelle legioni di cittadini romani.

Annibale si preparò all’autofinanziamento, con grande libertà di movimenti: costruì un esercito preparatissimo con cavalieri numidi, soldati iberici resistenti alle lunghe marce, i Celti per gli assalti.

Il CASUS BELLI (della guerra) ebbe origine a Sagunto nel 219 a.C.: la città iberica fu assediata pe 8 mesi da Annibale con un esercito numeroso che sarebbe poi arrivato fino al Po attraversando la Spagna, i Pirenei e le Alpi, per un percorso di 1.500 km, in grado di conservare la capacità di combattere di fonte al nemico anche al termine di una marcia estenuante.

L’esercito romano era composto da 100.000 fanti, 70.000 cavalieri, 270,000 cittadini romani, 380.000 Italici, 60.000 soldati a cavallo, per un totale di 800.000 uomini.

L’ esercito di Annibale era composto da 90.000 fanti, 10.000 cavalieri e 37 elefanti. Annibale partì nella primavera del 218 a.C. e giunse, con una media di 20 km al giorno, ai Pirenei dopo la metà di agosto. Roma, quando seppe che Annibale aveva valicato i monti Pirenei, fece un errore di misura e, sottovalutando il pericolo, mandò un esercito a fronteggiare Annibale, ma l’esercito arrivò al fiume Rodano in ritardo ed Annibale era già partito verso nord, cioè verso le Alpi.

Nessuno è in grado di poter dire esattamente quale sia stato l’itinerario che Annibale seguì per attraversare le Alpi. Gli storici dell’epoca non citano i luoghi, ma solo i popoli che Annibale incontrò.

Polibio e Livio dicono che Annibale arrivò sulle Alpi l’ ultima decade (dieci giorni) di ottobre, scrivono: “Annibale arrivò alla sommità del passo sulle Alpi nel momento in cui tramonta la costellazione delle Pleiadi”, che corrisponde proprio alla fine di ottobre).

Polibio dice che la “sommità” era quella del Moncenisio, mentre Livio dice che era il Monginevro. A quell’epoca si poteva passare anche dal Brennero e dal S. Bernardo, ma per Annibale erano troppo a nord e con troppa neve.

Quando finì di passare nel suo esercito erano rimaste solo 26.000 unità: da questo momento rimarrà in Italia per 15 anni.

Proseguì la discesa verso Roma e in contrò l’esercito romano al fiume Trebbia.

L’esercito romano fu spinto da Annibale e dal suo esercito nel fiume gelido e fu sconfitto. Però ormai era inverno inoltrato e la guerra si fermò.

In primavera i due eserciti si trovarono sul lago Trasimeno: l’esercito romano era comandato da Flaminio, il quale però non riuscì a capire dove si trovasse l’esercito di Annibale, così fu circondato e morirono più di 20.000 soldati romani.

Roma era a 120 km di distanza, A SOLO UNA SERIMANA DI MARCIA!

I Romani bruciarono i ponti e fecero resistenza ad Annibale in ogni modo possibile.

Allora Annibale decise di andare verso l’Adriatico per far riposare i suoi uomini e attendere rinforzi da Cartagine.

L’esercito romano ora era comandato da Quinto Fabio Massimo, il quale evitò gli contro diretti con il nemico Annibale, ma continuò ad infastidirlo con scorrerie e attacchi ai rifornimenti, senza mai fronteggiare il grosso dell’esercito.

A Canne si ebbe però un’ altra sconfitta di truppe romane, comandate da Varrone che non si accorse di essere circondato e fu ucciso.

L’esercito cartaginese giunse a Capua e qui si fermò: aveva pochi uomini e  non poteva sostenere l’assedio di Roma che era difesa da 12 legioni di soldati.

Capua era una cittadina mercantile, ricca ed ebbe un’ accoglienza “morbida e tiepida” che indusse Annibale ai famosi “ozi di Capua, cioè si fermò per un po’ a riposare.

Intanto Roma si riprese: costruì un nuovo esercito, eresse fortificazioni, costruì strade, cercò alleanze ed assediò Capua (che alla fine si arrese e fu distrutta).

Annibale allora andò in Puglia e cercò di mandare rifornimenti a Capua assediata, ma i romani intercettarono il convoglio e lo presero.

Allora Annibale marciò su Roma, pensando che il grosso dell’esercito fosse a Capua, ma si rese conto di non avere forze sufficienti e pensò di andare nuovamente e sud, a Taranto. Però il comandante della guarnigione lo tradì e l’esercito romano entrò nella città nel 209 a.C..

Intanto in Spagna era cominciata la guerra tra Asdrubale, fratello di Annibale, e Publio Cornelio Scipione (che verrà poi soprannominato “l’Africano”…); Scipione aveva già combattuto giovanissimo, a Canne, ed ora aveva 25 anni. L’esercito di Asdrubale, in Spagna, sconfisse una volta i romani, ma subì a sua volta una disfatta e Scipione tolse a Cartagine tutte le colonie spagnole.

Asdrubale marciò verso l’Italia per unirsi al fratello Annibale: arrivò al Po nel 207 a.C., a 12 anni dall’inizio della guerra tra Roma e Cartagine. I romani intercettarono i messi di Asdrubale e lo sconfissero al fiume Metauro, uccidendolo.

Nella primavera del 204 a.C. Scipione partì per l’Africa, per attaccare Cartagine stessa. Annibale venne richiamato in patria e si scontrò con Scipione nella battaglia di Zama. Scipione ha dalla sua parte anche l’esercito di Massinissa, re di Numidia, prima alleato di Cartagin e poi passato dalla parte dei romani per avere in cambio una parte del territorio cartaginese. Annibale fu circondato da due eserciti e fu sconfitto.

Il generale però non morì e riuscì, con un colpo di stato, ad amministrare Cartagine per due anni, ma Roma creò attorno a lui delle inimicizie ed Annibale fu obbligato a dimettersi, proprio come era accaduto  suo padre e dovette andarsene dalla città.

Annibale andò ad Adrumeto, a coltivare viti ed ulivi e tornò a Cartagine nel 196 a.C.: vi rimase per latri due anni, ma poi fu esiliato definitivamente e si avvelenò a 64 anni, per non cadere nelle mani dei romani a Libissa e il suo corpo fu bruciato.

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